Jacopo Mostacci
Un poeta rimasto nell'ombra
Esponente della Scuola siciliana e falconiere ufficiale di Federico II di Svevia. Come per gli altri componenti della scuola le notizie storiche sulla sua vita sono scarse ma le sue quattro canzoni sono conservate nel manoscritto Vaticano Latino 3793 insieme a quelle di Rinaldo d’Aquino, Cielo d’Alcamo e gli altri esponenti della Scuola siciliana.
Jacopo Mostacci: Opere in catalogo
Sommario
- I. Tenzone con Giacomo da Lentini e Pietro della Vigna
- • CANZONI
- I. Amor ben veio che mi fa tenire
- II. A pena pare ch'io saccia cantare
- III. Umile core e fino e amoroso
CANZONI
I
Amor ben veio che mi fa tenire
manera [e] costumanza
d'aucello ch'arditanza - lascia stare:
quando lo verno vede sol venire
ben mette 'n ubrianza5
la gioiosa baldanza - di svernare,
e par che la stagione no li piaccia,
ché la fredura inghiaccia;
e poi, per primavera,
ricovera manera10
e suo cantare innova e sua ragione.
Ed ogni cosa vuole sua stagione.
Amor, lo tempo che non m'era a grato
mi tolse lo cantare;
credendo megliorare - io mi ritenni.15
Or canto, ché mi sento megliorato,
ca, per bene aspettare,
sollazo ed allegrare - e gioi mi venni
per la più dolze donna ed avenante
che mai amasse amante,20
quella ch'è di bieltate
sovrana in veritate,
ch'ognunque donna passa ed ave vinto,
e passa perle, smeraldo e giaquinto.
Madonna, s'io son dato in voi laudare25
non vi paia losinga
ch'amor tanto mi stringa - ch'io ci falli;
ch'io l'aggio audito dire ed acertare
sovran' è vostra singa
e bene siete dinga - senza falli,30
e contolomi in gran bona ventura
si v'amo a dismisura;
e s'io ne son sì licco
ben me ne tegno ricco
assai più ch'io non sao dire in parole..35
Quegli è ricco ch'ave ciò che vuole.
Donna e l'Amore han fatto compagnia
e teso un dolce laccio
per mettere in sollaccio - lo mio stato;
e voi mi siete, gentil donna mia,40
colonna e forte braccio,
per cui sicuro giaccio - in ogne lato.
Gioioso e baldo canto d'alegranza,
ch'amor m'è scudo e lanza
e spada difendente45
da ogni maldicente,
e voi mi siete, bella, rocca e muro:
mentre vivo per voi starò sicuro.
II
A pena pare - ch’io saccia cantare
nè’n gio’ mostrare ch’eo deg[g]ia plagere,
c’a me medesmo cred’esser furato
considerando lo breve partire;
e se non fosse ch’è più da laudare5
quell’om che sa sua voglia coverire,
quando gli avene cosa oltra suo grato,
non canteria nè faria gio’ parere.
E però canto, donna mia valente,
ch’eo so veracemente10
c’assai vo gravaria di mia pesanza:
però cantando vo mand’allegranza
che crederete di me certamente,
poi la vi mando, ch’eo n’ag[g]io abondanza.
Abondanza - non ho, ma dimostrare15
vogliol’ a voi da cui me sòl venire,
ch’eo non fui allegro mai nè confortato
se da voi no’m venisse, a lo ver dire:
e sì come candela si rischiare
prendendo foco e dona a altrui vedere,20
di questo sono per voi adottrinato
ch’eo canto e fac[c]io ad altrui gioi sentire.
E però canto sì amorosamente
a ciò che sia gaudente
lo meo corag[g]io di bona speranza:25
ca s’eo son sofretoso d’abondanza,
sarò, madonna, da voi mantenente
ricco a manente di gio’ e di bombanza.
Di bombanza - e di gio’ [e di] solazzare
averia plenamente meo volere,30
ma’ [ch’] un disïo mi tene occupato:
quale aver solea, lo iugo cherire;
e sì com’on son dutto ad aquistare,
così è dutto madonna a mantenere,
ché dentr’al core sta sì imaginato35
c’altro non penso nè mi par vedere.
E so c’avete fatto drittamenti
s’io non sento tormenti,
sì ne sent’e gran gioia e allegranza:
però quando risento la gravanza,40
contene[ndo] la gioi che fue, presente,
parte da pena la mia rimembranza.
La rimembranza - mi fa disïare
e lo disïo mi face languire;
ch[e s’]eo non sono da voi confortato,45
tosto poria di banda pria venire:
ca per voi l’aio e per voi penso avere,
como Pelëo non poria guarire
quell’on che di sua lancia l’ha piagato
se non [lo] fina poi di riferire.50
Così, madon[n]a mia, similemente
mi conven brevemente
acostarme di vostra vicinanza,
che l'ag[g]io là’nde colse la mia lanza:
con quella credo tosto e brevemente55
vincere pena e stutar disïanza.
La disïanza - non si pò stutare
senza di quello che ’nd’ha lo podere
di ritener’ e di darme cumiato,60
como la cosa si possa compire.
Donqua meglio conven Merzé chiamare
che ci proveg[g]a e non lassi perire
lo suo servente di ben perlungato,
c’a Fino Amor ne fari’ adisplacere.65
Ed io son certo che ’nd’è benvogliente,
c’Amor gioi li consente,
ch’ell’è gioioso e di gio’ con creanza:
ond’eo l’aspetto aver con sicuranza,
quello che li adomando allegramente,70
poi ch’ell’è crïator d’inamoranza.
III
Dal cod. ms. Vat. lat. 3793
Umile core e fino e amoroso
già fa lungia stagione c’ò portato
buonamente a l’amore,
di llei avanzare adesso fui penzoso
oltre podere, in fino ch’era afanato5
no ’nde sentia dolore:
pertanto non da•llei partia coragio
nè mancav’ a lo fino piacimento,
mentre non vidi in ella folle usagio
lo qua’ le avea cangiato lo talento.10
Bene m’averia per servidore avuto
se nom fosse di frode adornata,
perchè lo gran dolzore
e la gran gioia che m’è stata i’ la rifiuto;
Ormai gioia che per lei mi fosse data15
non m’averia favore,
però ne portto tuta mia speranza
ch’ella parta del presgio e del valore,
che mi fa uopo d’avere altra ’ntendanza,
ond’io aquisti ciò che perdei d’amore.20
Però se n’altra intendo da ella partto,
no le sia greve e nol le sia oltragio,
tant’è di vano affare;
ma bene credo savere e valere tanto
poi la solglio avanzare, ca danagio25
le saveria contare.
Se non fosse nella qual eo
dire tanto misdicente,
c’assai val melglio chi si sa partire
da reo sengnor e alungiare buonamente.30
Omo che si part’ e alunga fa savere
da loco ove possa essere affanato,
e tra’ ne suo pensero;
ed io mi parto e tragone volere
e doglio - de lo temppo trapossato35
che m’è stato fallire;
ma no no mi spero, c’a tal sengnora
son servato, che buono guiderdone
averagio, ch perzò che no obria
lo bene servent’ e merita a stagione.40
Bibliografia:
• Contini, Gianfranco, Poeti del Duecento , Milano : R. Ricciardi, 1995.
• Manoscritto del Canzoniere Vaticano latino 3793 , Città del Vaticano : Biblioteca Apostolica Vaticana, 1276-1325 (cod. ms. Vat. lat. 3793 - Riproduzione digitale).
• Naccucci, Vincenzio Manuale della letteratura del primo secolo della lingua italiana , volume II, Firenze, Tipografia Magheri, 1838.
Nota filologica: Il testo di A pena pare ch’io saccia cantare segue la variantistica proposta dall’edizione Contini, Ricciardi 1995; Amor ben veio che mi fa tenire quella di Cudini, Garzanti 1978.
© Silvia Licciardello. Riproduzione riservata.